
HAPPY HOLIDAYS
Happy Holidays, il film diretto da Scandar Copti, si svolge a Gerusalemme e racconta le conseguenze innescate da un piccolo incidente in apparenza irrilevante. Quattro personaggi connessi tra di loro raccontano la realtà in cui vivono, da cui emergono i rapporti tra culture, generazioni e generi diversi, in un contesto segnato da regole non scritte e profonde contraddizioni socioculturali: Rami è un palestinese di Haifa, che si ritrova a fare i conti con il repentino cambio di idee della sua ragazza ebrea su un aborto programmato, mettendo in crisi una relazione già fragile. Hanan è la madre di Rami, che deve affrontare una crisi finanziaria sempre più pressante e al tempo stesso viene invischiata in una serie di complicazioni, quando chiede il risarcimento per l'incidente della figlia Fifi, coinvolta in una vicenda opaca. Miri, invece, è alle prese con la depressione della figlia adolescente e nel mentre cerca di convincere sua sorella a interrompere la gravidanza, che la lega in modo imprevisto a Rami. Fifi è dilaniata dal senso di colpa per aver nascosto un segreto, che metterebbe in cattiva luce la sua famiglia e la relazione nascente col dottor Walid, minando la fiducia tra due mondi già divisi.
Queste quattro storie incrociano così una serie di eventi in cui bugie e mezze verità dividono e mettono in luce i diversi aspetti di una società profondamente patriarcale, dove il peso delle aspettative collettive condiziona ogni scelta individuale.
Genere: Drammatico
Regia: Scandar Copti
Attori: Manar Shehab, Wafa Aoun, Toufic Danial, Imad Hourani, Merav Mamorsky, Raed Burbara, Anuar Jour
Durata:124 min
Critica: Vincitore del Premio Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura alla 81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e premiato da Luca Guadagnino come Miglior Film al Marrakesh International Film Festival.
Il film è un omaggio alla forza delle donne
Un film intenso che indaga nella complessità, senza fare propaganda politica.
Haifa, Israele. Rami è un arabo-israeliano innamorato della compagna ebrea Shirley, ma la gravidanza di lei rischia di diventare un grosso problema per le famiglie di entrambi. La sorella di Rami, Frida detta Fifi, viene coinvolta in un incidente d'auto e i suoi genitori cercano di lucrare sull'accaduto, non per avidità ma per fare fronte a un grave problema economico, ma rischiano di scoprire la vita parallela che la figlia conduce fuori dalle regole restrittive della famiglia. Fifi intraprende una relazione con Walid, un amico del fratello, ma anche fra loro ci saranno dei non-detti importanti. E Miri, la sorella di Shirley, viene messa sotto pressione dalla madre affinché si arruoli nell'esercito israeliano.
Il complesso intreccio di relazioni si svolge sullo sfondo di un'Israele precedente agli eventi del 7 ottobre 2024, ma dove le tensioni fra arabi ed ebrei sono evidenti e minano la convivenza delle due comunità, nonché quella fra singoli individui. In più c'è il carico da novanta di un patriarcato che impedisce alle donne, tanto arabe quanto ebree, di disporre liberamente del proprio destino.
Happy Holidays, il cui titolo ironico fa riferimento al fatto che la narrazione si svolge a ridosso di festività religiose, è l'opera seconda del regista palestinese residente in Israele Scanad Copti.
Il regista aveva esordito con successo insieme al regista ebreo Yaron Shani con Ajami, vincitore della Camera d'Or a Cannes e candidato agli Oscar, anch'esso incentrato sulla complessità delle relazioni fra gli abitanti di Israele appartenenti a diverse etnie e religioni. La forza di quel film, come di questo, è una sceneggiatura stratificata (non a caso vincitrice alla Mostra del cinema di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti) divisa in capitoli, ognuno dei quali mostra un punto di vista diverso, spesso sugli stessi eventi che abbiamo visto in precedenza da un'altra angolazione. È un modo di riprodurre le sfaccettature caleidoscopiche di una convivenza difficile, in cui la verità di uno non è mai quella degli altri, e anche le attrazioni più spontanee e i legami più profondi sono contaminati dal contesto nel quale hanno luogo.
Copti non fa mai facile propaganda politica, non cerca colpevoli né divide il mondo in buoni e cattivi, ma cerca di dipanare a poco a poco una matassa così aggrovigliata che ad un certo punto il pubblico stesso fatica ad individuarne il bandolo. Questa difficoltà appare in tutta la sua dolorosa (e attualissima) essenza, anche se la messinscena trova anche momenti di leggerezza e di erotismo. Il cast di non professionisti è sorprendentemente intenso e credibile, oltre che estremamente attraente: in particolare Manar Shehab nei panni di Fifi è di una sensualità irresistibile. Al centro della storia c'è il corpo femminile sul quale le protagoniste non possono esercitare pieno diritto, per cui una gravidanza può diventare oggetto di contesa e una sessualità libera oggetto di riprovazione. Sono le donne l'anello più debole di una catena che rischia comunque di strangolare tutti, in un groviglio di responsabilità e restrizioni culturali, economiche e sociali. Il copione firmato dallo stesso Copti si muove con agilità attraverso queste complessità labirintiche, secondo uno stile di racconto che ricorda il meglio delle sceneggiature iraniane, più ancora che la lucidità di quelle israeliane. E gli individui in scena si stagliano su uno sfondo continuamente marcato da simboli che delineano un quadro politico limitante e oppressivo.
Il convitato di pietra in questa storia è infatti la libertà individuale, cui tutti implicitamente rinunciano in qualche misura, in nome di una sopravvivenza fatta di parziali (o totali) rinunce personali. Copti e i suoi attori si muovono fra queste strettoie come acrobati sul filo, sempre a rischio di soccombere alle pressioni cui sono sottoposti, sempre costretti a cedere una parte dei loro diritti di esseri umani.
Il film è una straordinaria occasione per capire profondamente la società israeliana, in cui sia arabi che ebrei sono vittime di codici e regole culturali che condizionano ogni aspetto della loro vita. Protagonisti sono dei personaggi borghesi: Rami, un palestinese di Haifa, sua madre, sua sorella Fifi, e la fidanzata di Rami, ebrea, con una sorella profondamente reazionaria. Il regista ha spiegato: «Il film è stato girato nel 2022, prima che iniziasse il genocidio a Gaza. Oggi i miei personaggi avrebbero sicuramente delle vite diverse perché sono state create nuove leggi non democratiche, razziste verso gli arabi israeliani, che limitano ogni loro forma di espressione, per esempio 160 studenti palestinesi sono stati espulsi dalle università. Tutti hanno paura di perdere lavoro, di essere arrestati o di essere espulsi dalle università».
Il suo film è un omaggio alla forza delle donne
Le donne sono al centro del film: due seguono ciecamente le regole della propria cultura, mentre le due più giovani vivono con normalità interazioni e relazioni tra ebrei e arabi in Israele. «Shirley e Fifi rappresentano la generazione della transizione che sta spingendo il cambiamento, sono in conflitto in qualche modo con i propri genitori, è una cosa che ho osservato spesso nella società palestinese» ha spiegato il regista.
Copti oggi insegna cinema alla NYU di Abu Dhabi e alla domanda cosa pensi di quello che succederà d’ora in poi in Israele e di Netanyahu ha risposto: «La sua popolarità è cresciuta dopo l’attacco in Iran, come sempre in Israele quando un leader perde popolarità attacca un altro Paese. Recentemente Haaretz ha pubblicato un sondaggio secondo cui l’86% degli israeliani è per la cancellazione etnica dei palestinesi a Gaza e il 53% dice che non è contrario all’uccisione dei bambini. Purtroppo, Netanyahu è molto più popolare oggi di quando ho girato il mio film». TORNA ALLA HOME PAGE