IN MARCIA COI LUPI lunedì 23, martedì 24, mercoledì 25: ore 21:00 #inmarciacoilupi

IN MARCIA COI LUPI

 

Questo film racconta il grande mistero della dispersione dei lupi. Come i giovani lupi abbandonano il territorio natio e si avventurano alla conquista di nuovi spazi. Il viaggio si svolge come un road-movie tra valli selvagge e aree urbanizzate delle Alpi, per concludersi in una capanna isolata nel cuore di una foresta del Giura. Per due anni il regista ha condotto una vera e propria indagine per comprendere il complesso e imprevedibile comportamento dei lupi in questa fase della loro vita, le interazioni con i loro simili e le opportunità di formare una coppia. Sulle tracce dei lupi nomadi, il film mostra come i branchi attraversino territori ostili, già occupati da altri lupi che non li accolgono, o spazi ancor più antropizzati dominati dagli esseri umani. Villaggi, strade e grandi agglomerati urbani che devono attraversare a rischio della vita. Senza dimenticare la minaccia costante dei tiri, detti “di prelievo”, decisi da uomini che temono il predatore a lungo demonizzato. Si pone allora la domanda: chi invade davvero il territorio dell'altro? Questa esplorazione accanto ai giovani lupi in libertà è un’immersione primitiva e filosofica nel cuore di una natura magica, sempre più fragile. Un mondo selvaggio che affascina e dimostra la vitalità di un ambiente spesso trascurato dall’uomo, e i cui equilibri vanno assolutamente preservati. Il lupo ne è un simbolo. Il film è un viaggio iniziatico alla scoperta di un territorio libero, disponibile e promettente per i nuovi esemplari in procinto di formare un nuovo branco.

«Dopo essere scomparsi per quasi 80 anni e nonostante molti ostacoli, i lupi stanno riconquistando i loro antichi territori.»

 

Regista: Jean-Michel Bertrand

 

Genere: Documentario

 

Durata: 98 min

 

Critica: Coinvolgente diario di un pedinamento amoroso: quando il cinema diventa naturalismo filosofico.

"Ho passato tre anni in questa sperduta valle delle Alpi con un'unica ossessione: guardare negli occhi dei lupi". Il regista e unico protagonista umano del film, Jean-Michel Bertrand, introduce con queste parole In marcia coi lupi, seguito del suo La vallée des loups, passato al Trento Film Festival nel 2017. In questa sorta di prolungamento della ricerca, il progetto continua a concentrarsi sull'osservazione della stessa specie, scomparsa dai territori francesi e divenuta specie protetta dal 1993. Ma più precisamente, sulla dispersione, o "sostituzione" di giovani esemplari, che, dovendo emanciparsi dal gruppo, intraprendono un cammino casuale, attraversando e cercando di insediarsi in territori anche molto diversi tra loro.

Ex piantatore di alberi per la Forestale, il regista Bertrand, non sappiamo con l'aiuto di quanti collaboratori, immagina e disegna i percorsi dei lupi, nasconde delle microcamere in quattro posizioni che ritiene strategiche e le collega al suo smartphone, al fine di raccogliere dati sui loro itinerari, abitudini, esperienze.

La sopravvivenza, per un giovane lupo isolato, non è semplice: deve evitare sia la concorrenza di branchi già formati, ai quali non può unirsi, e le minacce degli ambienti abitati da uomini. Al contrario dei clichés circolanti, il lupo ha molte vulnerabilità, tra cui anche l'ostilità di parte della comunità di campagna e il pregiudizio ancorato a narrazioni medievali.

Diario molto ellittico di un pedinamento amoroso, In marcia coi lupi è in realtà un doppio viaggio, parallelo: quello dei lupi, alla ricerca del proprio posto nell'ecosistema (in cui scopriamo che è sempre la femmina a prendere l'iniziativa e a camminare davanti) e quello del loro osservatore, solitario e vagabondo tanto quanto loro, verso una dimensione quasi eremitica. In questa immersione alpina into the wild prevale un'idea di società e di mondo a basso impatto e ad alta autoregolamentazione, distante da logiche di sfruttamento e semmai guidato da rispetto, ecologia, consapevolezza della convivenza. Le immagini a bassa definizione e spesso notturne delle microcamere vengono distillate al montaggio dentro un repertorio di panorami, colti da alture oppure da droni, in una celebrazione delle cromie naturali tra il Monte Bianco e la catena del Giura.

Tra questi due blocchi tematici, con effetto un po' paradossale impera lui, Bertrand, l'osservatore vagabondo e ruvido proprio come la bestia che sta studiando: autosufficiente, coi consumi dei suoi dispositivi ridotti al minimo (probabilmente sfruttando l'energia del sole), abile cercatore di risorse edibili, che, avvolto nel suo sacco a pelo, non si scompone nemmeno per una visita notturna di un cinghiale. Pervaso di stupore ecologista, il film mette l'accento su quell'equilibrio che è stato stravolto dal periodo noto come Antropocene, eppure resiste: seicentomila volpi uccise solo in Francia ogni anno, persecuzione di tassi, pregiudizi contro gipeti e lupi.

È mosso da un'idea spirituale - non religiosa, ma panica, romantica - che sprigiona dall'ambiente che Bertrand lotta per preservare. Un'idea di mondo ben sintetizzata dalla citazione del naturalista novecentesco Robert Hainard, ritrovata in una piccola baita: "Ho l'infinito a portata di mano; lo vedo, lo sento, lo tocco. Me ne nutro e so che non potrò mai esaurirlo. Capisco la mia irrefrenabile rivolta quando vedo la natura soppressa, il mio infinito viene ucciso".  TORNA ALLA HOME PAGE