MAURO CORONA - LA MIA VITA FINCHÉ CAPITA  lunedì 19, martedì 20, mercoledì 21: ore 21:00 #MauroCorona #LaMiaVitaFinchèCapita

MAURO CORONA 

LA MIA VITA FINCHÉ CAPITA

 

La mia vita finché capita è un documentario dedicato a un uomo complesso, ritratto da molto vicino, con un approccio ferocemente intimo, che conduce lo spettatore in un continuo andare e venire indietro e avanti nel tempo: Mauro ricorda e racconta il suo mondo com’era, e insieme racconta la sua vita, l’infanzia e la prima adolescenza, la spensieratezza che si alterna all’incomprensibile violenza della vita famigliare e alle tragedie vissute dal suo territorio. E poi la maturità e la vecchiaia, il presente, che porta su di sé il peso di una vita intera, con una proiezione verso l’aldilà che Corona stesso distilla nel proprio beffardo epitaffio: “Qui giace Mauro Corona, uomo iniquo e perverso. Pregare per lui, è tempo perso.”

Il film è scritto, diretto e montato da Niccolò Maria Pagani. Per le riprese, Pagani ha lasciato Milano trasferendosi, per i 7 mesi di produzione e montaggio del film, nel villaggio di Erto Vecchia, per meglio entrare nell’anima del paese, della valle del Vajont e della vita di Corona.

I film possono essere pura finzione o pura verità. La mia vita finché capita è pura verità. Ho tolto la maschera perché non voglio più essere frainteso. Questa è la mia casa, la mia vita fatta di spigoli, inciampi, libri, legno, scalate. Entrate, se volete. Mauro Corona

Lo scrittore Erri de Luca e i cantanti Davide Van De Sfroos e Piero Pelù sono alcuni degli amici che Mauro Corona incontra nel film in qualità di ospiti – visitatori del suo eremo - e interlocutori, per aiutarlo, parlando di vino, filosofia, montagna e natura, religione, donne, musica e amore, a comporre nel miglior modo possibile questo immenso puzzle che è la sua vita.

Le loro conversazioni semi-serie sono intercalate da alcuni dei passi più belli dei suoi libri – soprattutto da Le altalene (Mondadori, 2023) - sono utilizzati in un voice over che fa da fil rouge all’intero film con la magistrale interpretazione di Giancarlo Giannini.

 

Genere: Documentario

 

Regia: Niccolò Maria Pagani

 

Attori: Giancarlo Giannini, Erri De Luca, Piero Pelù Davide Van De Sfroos

 

Durata:88 min

 

Critica: UNA LUNGA CONFESSIONE A CUORE APERTO CHE RACCONTA LA VITA E I PENSIERI DI MAURO CORONA.

Mauro Corona decide di mettersi a nudo nel documentario di Niccolò Maria Pagani, che non si accontenta di intervistarlo, ma sceglie di abitare il suo mondo, trasferendosi per sette mesi nel ventre roccioso di Erto Vecchia. Il regista cerca l’anima segreta della valle del Vajont e la trova nel volto scolpito e nella voce ruvida di Corona. Scultore, scrittore, scalatore friulano, ma prima di tutto testimone, Corona ricostruisce, con parole, silenzi e memorie, un paesaggio umano e geologico fatto di tragedie collettive e ferite personali. Rievoca la dolcezza della giovinezza, la violenza della famiglia, l’amore e la natura, delineando non soltanto se stesso ma un’intera visione del mondo.

Truffaut diceva che “l’adolescenza lascia un buon ricordo solo agli adulti che hanno una pessima memoria” ma quella di Corona sembra funzionare perfettamente e a detta sua, se esiste qualcosa che può sostituire l’amore, questa è la memoria. Lo sguardo di Pagani si infila in questa memoria e il regista corre il rischio di raccontare la vita di un artista materico, fisico, ruvido come il legno che scolpisce. E finisce col consegnarci un film che, sì, abbraccia tutti gli stereotipi del genere, come l’artista solitario che rifiuta le regole della società, ma lo fa con una tale onestà narrativa da non risultare mai manierista. Perché al centro c’è lui, Mauro Corona, che non interpreta se stesso ma lo incarna. E nel suo dire schietto, nei suoi silenzi, nelle sue lacrime trattenute da troppi anni, il documentario trova accenti di verità che spiazzano. “Mio padre menava forte. Dov’è adesso spero stia bene, ma se potesse vedere cosa ha fatto su questa terra non si darebbe pace.”

Mauro Corona – La mia vita finché capita è assieme il ritratto di un uomo e della montagna che lo contiene, lo plasma, lo osserva. L’opera, sospesa tra ritratto intimo e affresco paesaggistico, richiama a tratti la lezione cinematografica di Franco Piavoli con la sua contemplazione del tempo naturale, e si concede un’impostazione nemmeno troppo lontana dal pensiero filmico dello storico cineasta Chris Marker: “Non sono la camera e lo stile a fare un documentario, ma la parola e l’immagine, lo spazio e il tempo, intesi come atto di memoria.”

Niccolò Maria Pagani sceglie di raccontare la vita di Mauro Corona attraverso diverse modalità espressive, a partire dalla sua voce diretta mentre esegue i gesti quotidiani. Lo vediamo scolpire, camminare sui sentieri e addirittura scalare pareti rocciose. Ma si lascia soprattutto attraversare da un flusso di ricordi, punteggiato da dialoghi intensi e affettuosi con alcuni dei suoi amici storici, come lo scrittore Erri De Luca, i musicisti Davide Van De Sfroos e Piero Pelù. Li vediamo conversare davanti a una bottiglia di vino e con una chitarra in mano, queste chiacchierate si intrecciano con alcune delle pagine più significative dei suoi libri, in particolare “Le altalene” (Mondadori, 2023), lette in voice over da Giancarlo Giannini.

 

 Mauro Corona – La mia vita finché capita è un film che parla di montagna, di morte e di vecchiaia, di fantasmi del passato e di fantasmi del presente. È un film sui rimpianti e sui rimorsi, che giorno dopo attanagliano la vita del mio protagonista che in questo documentario, per la prima volta, decide di abbandonare la sua maschera televisiva mostrandosi senza più armature. Credo poi che montare il film davanti a una finestra spalancata sulle rovine di Erto Vecchia e sulla frana del Vajont mi abbia permesso di vivere un’esperienza immersiva nel mondo di Mauro, circondato dai suoi stessi fantasmi, e questa simbiosi con i suoi luoghi e con le sue valli credo si percepisca per tutta la durata del film. Inoltre, abitare a poche centinaia di metri dalla sua “tana” mi ha dato l’opportunità di conoscerlo ancora più a fondo, con i suoi pro e i suoi contro, entrambi necessari per la riuscita del documentario. - Niccolò Maria Pagani

 

Nella solitudine di certi uomini, inclini a bastare a sé stessi, simili ad animali liberi e selvatici, si trova spesso l’essenza della vita. Vivere significa talvolta anche sopravvivere alle ferite, in qualche modo orgogliosi delle proprie cicatrici. Ma sempre vigili e mai domi, in attesa del proprio momento, quello giusto: per cacciare, per aggredire il pericolo, per nascondersi, talvolta per amare. Ecco perché in questa canzone, interpretata nella maniera più semplice e al tempo stesso profonda, c’è la voce femminile di Orsola Scarpa, che nella dura lotta della vita è sbocciata come un fiore di montagna, come acqua fresca sgorgata dalle rocce, dando vita a una tra le versioni più belle e notturne tra le tante che io abbia mai sentito. - Omar Pedrini   TORNA ALLA HOME PAGE