
MISSION: IMPOSSIBLE THE FINAL RECKONING
Mission Impossible - The Final Reckoning, il film diretto da Christopher McQuarrie, è l'ottavo capitolo della celebre saga action che vede ancora una volta protagonista Ethan Hunt (Tom Cruise), l'intramontabile specialista dello spionaggio sempre pronto ad affrontare missioni ad alto rischio.
Ethan e il suo team si trovano ad affrontare una nuova e pericolosa minaccia: devono rintracciare due chiavi che sbloccano un potente sistema di intelligenza artificiale, capace di causare disastri a livello mondiale, dai sabotaggi dei circuiti bancari internazionali al caos delle reti elettriche.
A sfidarli in questa pericolosa corsa c'è Gabriel (Esai Morales), un misterioso individuo legato al passato di Ethan, anche lui alla ricerca delle chiavi. Una resa dei conti mozzafiato e acrobatica attraverso i continenti che culmina tra un treno in corsa e un aereo in volo. Ma questa battaglia non segna la fine della sfida tra Ethan e Gabriel…
Genere: Azione
Regia: Christopher McQuarrie
Attori: Tom Cruise, Hayley Atwell, Pom Klementieff, Hannah Waddingham, Vanessa Kirby, Holt McCallany, Katy O'Brian, Janet McTeer, Indira Varma, Simon Pegg, Nick Offerman, Angela Bassett, Ving Rhames, Shea Whigham, Esai Morales, Henry Czerny, Tramell Tillman, Pasha D. Lychnikoff, Mariela Garriga, Charles Parnell
Durata:169 min
Critica: Le nostre vite sono il risultato delle scelte che facciamo.
La pellicola è il sequel di Mission: Impossible - Dead Reckoning (2023) e l'ottavo e ultimo film della serie di Mission: Impossible.
Con il film Mission: Impossible – The Final Reckoning, Tom Cruise e Christopher McQuarrie non hanno semplicemente chiuso una saga cinematografica. Hanno portato a compimento un percorso durato quasi trent’anni, una serie di film che hanno costantemente ridefinito il concetto stesso di blockbuster.
Questo ottavo capitolo, più che un semplice epilogo, è un’opera summa: una riflessione sul cinema d’azione, sull’identità del protagonista e sul potenziale emotivo e tecnico di una produzione che non ha mai avuto paura di alzare l’asticella. Mission: Impossible – The Final Reckoning è un film che parla tanto all’occhio quanto al cuore, che si rivolge a un pubblico abituato agli effetti digitali ma desideroso di verità, peso, rischio. Il tutto incorniciato da una produzione che ha girato il mondo, spinto la tecnologia al limite e chiesto tutto ai suoi interpreti. Dal 1996, anno in cui Brian De Palma inaugurò la saga con un film dallo stile freddo, complottista e raffinatamente ambiguo, Mission: Impossible ha mutato pelle a ogni episodio, senza mai perdere la propria identità. L’azione pura, l’ingegno, la tensione narrativa e il mistero sono rimasti cardini di una struttura che Tom Cruise ha saputo modellare anno dopo anno.
Dopo l’incursione di John Woo con il secondo capitolo, il tono più emotivo e personale del terzo firmato J.J. Abrams, la reinvenzione visiva di Brad Bird nel quarto, è stato con Christopher McQuarrie, a partire da Rogue Nation, che la saga ha trovato la propria voce definitiva: un connubio di spettacolo estremo e profondità emotiva. Cruise non ha mai smesso di imparare, osservare, crescere come attore, produttore e regista implicito. “Non c’è mai un giorno facile sul set di Mission: Impossible. E non lo vorrei che fosse diversamente”, ha dichiarato, sintetizzando la dedizione assoluta con cui affronta ogni nuovo capitolo.
Il Mission: Impossible – The Final Reckoning riprende immediatamente dopo gli eventi di Dead Reckoning – Parte 1, chiudendo la storia bifronte con un crescendo narrativo che rasenta l’apocalisse tecnologica. Ethan Hunt e la sua squadra sono sopravvissuti all’incredibile sequenza del treno, ma la posta in gioco si è fatta ancora più alta. L’entità nemica non è un avversario fisico ma un’intelligenza artificiale senziente e letale, in grado di manipolare sistemi globali, verità e percezioni.
L’unica speranza per la salvezza dell’umanità risiede in un oggetto custodito nel relitto del sottomarino russo Sevastopol, affondato sotto il ghiaccio artico. Ethan, costretto a separarsi dalla sua squadra, inizia un’odissea solitaria che lo porterà ad affrontare i suoi limiti fisici, morali e affettivi. Sullo sfondo, una guerra fredda digitale tra nazioni e interessi privati si combatte per il controllo dell’arma definitiva: l’accesso all’Entità.
Ethan Hunt, interpretato nel film Mission: Impossible – The Final Reckoning da un Cruise in stato di grazia, è qui al massimo della sua complessità. L’eroe infallibile dei primi film ha lasciato spazio a un uomo segnato, tormentato, ma mai piegato. Hunt si interroga sulle proprie scelte, sul senso della missione e sulla possibilità di lasciare un’eredità.
Accanto a lui, Hayley Atwell nei panni di Grace offre una controparte moderna, ironica e profondamente umana. La sua trasformazione da truffatrice a spia leale è uno degli archi narrativi più riusciti del film.
Il ritorno di Henry Czerny nel ruolo di Kittridge, personaggio del primo capitolo, è più che un semplice omaggio: è un segno di chiusura del cerchio.
Il cast è arricchito da presenze potenti come Angela Bassett, Janet McTeer, Nick Offerman e Hannah Waddingham, ognuno portatore di una diversa sfaccettatura dell’establishment globale. Pom Klementieff, nei panni di Paris, continua il suo percorso da macchina di morte a figura tragica, completando una parabola narrativa profonda e intensa.
Al centro del film Mission: Impossible – The Final Reckoning c’è una domanda cruciale: è ancora possibile avere libero arbitrio in un mondo governato da algoritmi? L’Entità non è solo un nemico invincibile perché invisibile, è un concetto, una forza impersonale che riflette la nostra più profonda inquietudine contemporanea: la perdita del controllo.
Il lungometraggio affronta temi complessi come la sorveglianza, la manipolazione della realtà, la sostituzione dell’umano con il calcolo. Ethan Hunt diventa simbolo della resistenza, del gesto umano e irrazionale che sfida la logica della macchina. “Le nostre vite sono la somma delle nostre scelte”, dice una battuta chiave. E in quel momento, il film si fa universale.
Questo ottavo capitolo, più che un semplice epilogo, è un’opera summa: una riflessione sul cinema d’azione, sull’identità del protagonista e sul potenziale emotivo e tecnico di una produzione che non ha mai avuto paura di alzare l’asticella. Mission: Impossible – The Final Reckoning è un film che parla tanto all’occhio quanto al cuore, che si rivolge a un pubblico abituato agli effetti digitali ma desideroso di verità, peso, rischio. Il tutto incorniciato da una produzione che ha girato il mondo, spinto la tecnologia al limite e chiesto tutto ai suoi interpreti.
Il film Mission: Impossible – The Final Reckoning stabilisce nuovi standard nel cinema d’azione. La sequenza del Sevastopol è una delle più complesse mai realizzate: un gigantesco set subacqueo costruito ad hoc, una struttura rotante da 50 tonnellate, immersioni estreme, e Cruise che agisce in apnea senza controfigure.
Non meno impressionante è la sequenza aerea girata nei cieli del Sudafrica, dove Cruise si lancia su un biplano in volo, cammina sulle ali a 10.000 piedi d’altitudine, circondato da correnti a 170 km/h.
La terza sequenza, mantenuta volutamente segreta, è stata definita da McQuarrie “la più pericolosa mai tentata da Cruise”, girata con una telecamera pieghevole costruita per l’occasione. “Quando vedrete quelle inquadrature, saprete che non potevano essere girate in nessun altro modo”, ha dichiarato Cruise.
Il film Mission: Impossible – The Final Reckoning ha richiesto cinque anni di lavoro, affrontando la pandemia, scioperi, restrizioni e condizioni climatiche estreme. Dalla Norvegia a Longcross Studios, dall’Africa ai ponti navali americani, ogni location ha imposto sfide logistiche, tecniche e umane. La vasca del Sevastopol, per esempio, è stata costruita in 90 giorni, riempita in 15, con acqua filtrata a 30 gradi per consentire riprese chiare e lunghe. La macchina organizzativa che ha permesso queste imprese ha richiesto l’integrazione di ogni reparto, dalla fotografia alla scenografia, dalla costruzione agli effetti speciali.
Tom Cruise e Christopher McQuarrie sono più che una coppia creativa: sono due anime gemelle cinematografiche. Il loro metodo è intuitivo, organico, sempre in divenire. Non partono mai da uno script chiuso, ma da un’emozione, una domanda, una scena sognata. Poi costruiscono intorno. “Ci sediamo, ci chiediamo cosa vogliamo vedere. E da lì nasce tutto”, ha detto McQuarrie. Cruise aggiunge: “Non voglio dire al pubblico come sentirsi. Voglio che si senta dentro al film, che viva ogni momento con noi”. La loro dedizione non ha precedenti. Il risultato è un cinema totale: fisico, emotivo, coinvolgente.
Mission: Impossible – The Final Reckoning è una dichiarazione d’intenti. Un promemoria di ciò che il cinema può ancora essere: artigianato, emozione, avventura. In un’epoca di franchise stanchi, sequel senza anima e CGI invasiva, Cruise e McQuarrie dimostrano che l’impossibile è ancora raggiungibile, se lo si affronta con cuore, coraggio e una visione autentica. “Non ho mai dato nulla per scontato. Mai”, ha sottolineato Cruise. E il risultato è la prova vivente di quella promessa. Una lettera d’amore al cinema, e a chi ancora crede che l’intrattenimento possa essere anche arte. Missione compiuta? Più che compiuta: elevata. TORNA ALLA HOME PAGE